Link building: 2 regole da seguire e 10 pattern da evitare

Nella link building si procede a vista e ci si affida a tutta una serie di miti, più che a delle vere e proprie regole. Dure a morire, queste pseudo regole non dimostrate e non dimostrabili, hanno comunque il merito di voler offrire un percorso più sicuro a chi si muove nell’oscuro mondo della link building, anche se il volerle seguire a tutti costi genera dei pattern molto riconoscibili.

Ci sono persone che non cambierebbero anchor text secca con una brand o navigazionale nemmeno se gli offrissero due link al posto di uno e altre che trasformano in anchor text delle key senza preposizioni, perché è così che le vedono nei vari SEO tools, preferendo seguire il mito “la key esatta spinge di più” piuttosto che le regole della lingua italiana.

Altre persone non farebbero partire il link esterno dalla parte bassa di un articolo (ma nemmeno dal centro) nemmeno se le pagassero, e inviano sistematicamente decine di guestpost a vari editori, tutti con l’anchor text inserita nella prima frase del guestpost.

Vogliamo parlare di ZA? Non sia mai che i seguaci di questa metrica (ovvero quelli che scelgono i siti da cui prendere link basandosi solo su questo valore) prendano un link da un sito con una ZA inferiore a 40. Nemmeno gratis lo prenderebbero, eppure ho mostrato l’esempio di un sito cresciuto solo con link da siti con ZA bassa (10-29) e bassissima (ZA0-9). Ovviamente non è l’unico caso, avviene per tutti, perché la ZA non è un valore che si trasferisce, non ha senso prendere link da un sito con ZA29 perché il proprio sito ha ZA28. Questa pratica si porta dietro un retaggio del passato, quando esisteva il Page rank (PR) e si pensava che il PR del proprio sito potesse salire solo se si ricevevano link da siti con PR più alto.

Per capire quanto grande sia la deriva causata dal seguire questi falsi miti, credendo che si tratti di regole da seguire assolutamente, basti pensare che ci sono casi documentati di persone che hanno chiesto se dovevano fare il disavow perché avevano ricevuto link da siti con ZA bassa! Un caso sicuramente esagerato ed isolato, che però aiuta a capire la gravità della situazione.

La verità è che in questi anni ho scoperto che non è che la link building non abbia regole, ce ne sono, e la buona notizia è che sono solo due e sono molto semplici, ma quasi nessuno le segue, preferendo appunto andare dietro a falsi miti. Se sei interessato a scoprire quali sono le uniche due regole da seguire per impegnarsi in una attività di link building, non devi far altro che continuare a leggere questo articolo di quasi 4000 parole. Credi di farcela? Sei pronto? Bene, cominciamo.

Le regole della link building

I link sono tutti buoni tranne quelli che vengono da siti spam” e “Il profilo di backlink di un sito deve essere vario” sono le uniche due regole della link building e sono proprio quelle che vengono più disattese. Al contrario si fa tanta attenzione a non allontanarsi dalle pseudo regole come quella di prendere link solo da siti verticali (che oltre ad andare contro la regola 2, crea spesso situazioni imbarazzanti, come quella di chi per linkare il suo sito di bulloni cerca link da siti che parlano i bulloni), o di scrivere annunci del tipo “no guestpost da siti recuperati“, “no link da contenitori di guestpost“, “no link da siti generalisti“, “solo link da siti ZA>40” e tante altre ancora, come se si trattasse di scogli da evitare per non affondare con la propria nave.

Regola 1: I link sono tutti buoni tranne quelli che vengono da siti spam

La prima regola è molto facile da capire e vuol dire che non bisogna fare tanto gli schizzinosi quando si tratta di scegliere i siti da cui farsi linkare, perché i link sono tutti buoni, tranne appunto quelli che vengono da siti spam, che comunque in larghissima parte sono ormai intercettati e neutralizzati.

Continuare a vedere persone che cercano link solo da siti con ZA>40, scartando tutti gli altri, è molto deprimente, perché con quella richiesta dimostrano di non sapere assolutamente nulla di link building e si può fare davvero poco se sono convinti così. Interessante notare che se chiedi a qualcuno perché proprio 40 e non qualche altro numero (domanda che avrò fatto un centinaio di volte), non sa risponderti, a dimostrazione del fatto che si tratta di un falso mito che passa da persona a persona senza che nessuno sappia nemmeno il perché.

Le agenzie SEO potrebbero svolgere un ruolo importante per contrastare questo falso sapere, visto che i professionisti sanno come stanno le cose, contribuendo a informare i loro clienti che invece non lo sanno. Purtroppo però non sono attivamente partecipi alla diffusione della conoscenza, forse per timore di perdere quel cliente se non dovessero riuscire a convincerlo o forse perché per provare a convincerlo perderebbero del tempo, perciò quello che cliente chiede, agenzia fa. Peccato.

Regola 2: Il profilo di backlink di un sito deve essere vario

Cosa vuol dire che il profilo di backlink di un sito deve essere vario? Semplicemente che bisognerebbe evitare di creare dei pattern sempre uguali e quindi riconoscibili. Dico questo però, non perché voglio che qualcuno mascheri azioni sbagliate, ma perché consiglio di agire in modo corretto, proprio per evitare di commettere azioni volte a forzare artificiosamente i risultati del motore di ricerca.

Dall’analisi di tantissimi profili di backlinks nel corso degli ultimi anni, ho riscontrato la creazione di almeno 10 pattern (molti dei quali si sommano fra loro), che mettono in luce come i guestpost inviati agli editori siano uno la copia dell’altro. Per essere chiaro, se un committente ha pianificato la pubblicazione di 10 guestpost a 10 diversi editori, i 10 articoli inviati si somiglieranno moltissimo in una o più di queste situazioni:

  1. Titoli degli articoli molto simili fra loro
  2. Articoli che parlano della stessa cosa della pagina linkata
  3. Utilizzo della stessa anchor text
  4. Anchor text posizionata nello stesso punto del testo
  5. Frase che contiene anchor text uguale o simile
  6. Articoli dello stesso numero di parole
  7. Pubblicazione ad intervalli regolari di 5/7/10 giorni
  8. Scelta di soli siti a tema
  9. Presenza di un solo link esterno
  10. Articoli sviluppati in modo incompleto

Ovviamente tutte queste situazioni sono più o meno esagerate a seconda della spregiudicatezza della persona preposta a svolgere l’attività di link building. Basti pensare che ci sono siti online da pochi giorni o che non sono nemmeno indicizzati, che, senza nemmeno riscontri social, cominciano a ricevere link.

Come è possibile che un sito che non conta nessuna citazione sul web, che non corrisponde a nessun evento in corso o previsto, e che non è indicizzato su Google, venga scelto per essere linkato? In alcuni casi ho visto siti appena messi online che vengono linkati con frasi del tipo “uno degli ecommerce più conosciuti sul web“, quando non li conosce nessuno, se non il proprietario. Prima di svolgere qualsiasi attività di link building bisognerebbe preparare il sito a ricevere link, e un’agenzia SEO non dovrebbe accettare tutti i siti indiscriminatamente, ma dovrebbe dire ai clienti se il sito non è pronto.

I 10 pattern più ripetuti nella link building

Quelli che analizzo approfonditamente di seguito non sono gli unici errori che si commettono quando si fa link building, ma sono quelli riconducibili alla creazione di pattern facilmente riconoscibili, che a seconda della bravura di chi opera, possono presentarsi sia da soli che in numero maggiore o anche tutti e 10 insieme.

Pattern 1: Titoli degli articoli molto simili fra loro

Quando entro in contatto con un possibile cliente che mi mostra qual è il sito che vuole linkare, la prima cosa che faccio è di  analizzare il profilo di backlinks del suo sito. La situazione che trovo è quasi sempre la stessa, ovvero titoli più o meno uguali che fanno presumere lo sviluppo di argomenti molto simili fra loro.

Per esempio, se il cliente ha un sito di vino in bag box, i titoli degli articoli che lo linkano sono di questo tipo:

  • Vantaggi del vino in bag box
  • Diffusione del vino in bag box
  • Futuro del vino in bag box
  • Perché dovresti bere vino in bag box
  • Vino in bag box: caratteristiche e vantaggi

Potrei continuare con altri esempi ma questo è sufficiente a capire la situazione, che è diffusa in qualsiasi altro settore, dalla moda, ai viaggi, al benessere, piuttosto che alla casa o altro. Linkare sempre e solo con titoli come questi, vuol dire creare un pattern abbastanza riconoscibile, perché è difficile che un sito venga linkato naturalmente sempre dalla stessa tipologia di articoli.

Pattern 2: Articoli che parlano della stessa cosa della pagina linkata

Tra i tanti falsi miti sulla link building che si sono diffusi in questi anni, c’è quello che per linkare il proprio sito vanno bene solo link da siti che trattano lo stesso tema. Il problema della verticalità non si limita al tema del sito ma arriva ad insinuarsi fin dentro l’argomento dell’articolo. Troppo spesso infatti, vediamo che un articolo parla dello stesso identico argomento della pagina linkata, oltre che, come scritto prima, articoli che parlano della stessa cosa.

Vi sembra naturale che un sito a tema carte di credito e prepagate sia linkato solo da articoli con questi titoli?

  • Carte prepagate per minorenni: cosa sono e chi le offre
  • Carte prepagate: come funzionano e quali tipi esistono
  • Carte prepagate: come funzionano e quali scegliere
  • Come scegliere la carta di credito migliore?

ma sopratutto che ognuno di questi articoli linki pagine che parlano rispettivamente della stessa identica cosa?

Pattern 3: Utilizzo della stessa anchor text

Quante possibilità ci sono che chiedendo a 10 persone di linkare il proprio sito web, tutte e 10 scelgano la stessa anchor text per linkare quel sito? Scegliendo di farsi linkare sempre con la stessa o con le stesse anchor text, ovviamente si creerà un altro pattern riconoscibile, uno dei più pericolosi.

Il discorso dell’anchor text infatti ha l’aggravante della scelta della key secca, che è quella che si vuole spingere. Una cosa è creare un pattern di anchor text brand o navigazionali tutte uguali, un’altra è creare un pattern di anchor text uguali e pure manipolative, che vanno a rendere esponenziale la pericolosità di questo pattern.

Eppure scrivere “Per partire tranquillo e non avere sorprese è consigliabile richiedere un preventivo assicurazione viaggio perché ti protegge da molti rischi” non è meglio di “Per partire tranquillo e non avere sorprese è consigliabile richiedere un preventivo dell’assicurazione per il viaggio (puoi richiederlo qui) perché ti protegge da molti rischi“. Sicuramente l’anchor text “puoi richiederlo qui” non è “preventivo assicurazione viaggio” ma sta scritto nella frase a cosa si riferisce, Google lo capisce, i lettori lo capiscono, possibile che si preferisca insistere sulla scelta dell’anchor text secca perché dicono che spinga di più?

Ma scusate un attimo, proviamo a fare un ragionamento. Quelli che hanno 15 o più anni di esperienza nella link building, affermano che la key secca come anchor text spinga di più, come dimostrano i risultati che hanno ottenuto. Io però mi chiedo, se hanno sempre linkato tutti con anchor text secca, è ovvio che fra i primi 10 in SERP ci siano solo siti linkati con anchor text secca, quale altra alternativa avrebbe dovuto esserci?

Anche se fosse vero e avessero ragione sulla maggiore spinta, cosa né dimostrabile né quantificabile, secondo voi il lettore dell’articolo quale soluzione apprezzerebbe maggiormente? Quella scritta senza preposizioni e articoli che non si sa nemmeno su quale pagina si finirebbe cliccando o quella scritta in italiano corretto, che fa capire benissimo cosa si troverebbe cliccando sull’anchor text?

Pattern 4: Anchor text posizionata nello stesso punto del testo

Analizzando il profilo di backlinks di un sito, capita spesso di vedere che in molti articoli l’anchor text si trovi nella stessa posizione. Probabilmente ti starai chiedendo perché questo dovrebbe rappresentare un problema. Come dice Doc in Ritorno al Futuro “Non stai pensando quadrimensionalmente!“.

Quante possibilità ci sono che 10 siti diversi possano pubblicare 10 articoli che abbiano l’anchor text nella stessa posizione? Se chiedessi a 10 persone di scrivere un articolo e di linkare uno stesso sito web, ci sarebbero 10 articoli con le anchor text messe in 10 posizioni differenti. Chiaro ora? Diversificare! Altrimenti agendo in questo modo si crea un pattern non riconoscibile ma riconoscibilissimo!

Se poi pensiamo che per anchor text nello stesso punto, stiamo parlando di anchor text messa all’inizio dell’articolo (perché il falso mito dice che se la key sta sopra spinge di più), abbiamo un quadro completo e preoccupante della situazione.

Pattern 5: Frase che contiene anchor text uguale o simile

Molte persone non si sforzano nemmeno di scrivere frasi che contengono l’anchor text troppo diverse fra loro. Giustamente, stesso titolo, stessa anchor, stessa pagina da linkare, non è che pur volendo, partendo da questi presupposti ci siano tante possibilità di scrivere frasi che contengano anchor text molto diverse fra loro. Tuttavia rappresenta un problema, ed è anche uno dei più evidenti.

La frase che contiene l’anchor text presenta anche un altro problema, di cui scrivo solo un cenno in questo paragrafo sui pattern riconoscibili, cioè quello della non corrispondenza fra quello che promette la frase che contiene l’anchor text e quello che si trova effettivamente sulla pagina linkata. Non si tratta di un pattern in senso stretto (a meno che non lo si voglia vedere come la ripetizione di un errore) ma è sicuramente qualcosa da non sbagliare, pena la fuga dei lettori dalla pagina di atterraggio.

Pattern 6: Articoli dello stesso numero di parole

C’era un tempo in cui si scrivevano guestpost da 300 parole, poi si è capito che erano troppo poche e si è passati a 500 parole, poi dopo qualche anno si è saliti a 800 parole. In effetti non esiste un numero perfetto di parole. Si è portati a pensare che un numero molto alto di parole permetta di ottenere migliori risultati e anche diverse statistiche dimostrano che sono meglio posizionati, ma appunto non vale per tutti.

Questo vuol dire che ogni articolo ha la sua lunghezza perfetta che dipende dall’argomento, dall’intento di ricerca e tante altre cose. Per quanto riguarda la nostra discussione sui pattern riconoscibili, mandare a 10 editori diversi, 10 articoli da 800 parole, perché è quello che hanno chiesto tutti e 10 (e quasi tutti mandano il minimo di quanto gli viene richiesto) si sta creando un altro pattern riconoscibile, meno grave di altri ma comunque un segno abbastanza distinguibile.

Pattern 7: Pubblicazione ad intervalli regolari di 5/7/10 giorni

Le persone non fanno link building per hobby ma per ottenere risultati. Il problema è che molto spesso vogliono che questi risultati arrivino subito, cosa che mal si concilia con il concetto di naturale, visto che proprio la natura vuole i suoi tempi. Succede quindi che si vogliano pubblicare 10 guestpost in un solo mese, anche se il sito fino a quel momento non ha ricevuto link. Per essere chiari, Ansa.it, gazzetta.it o siti simili ricevono naturalmente decine di link al giorno, quindi nessun problema per il numero di link.

Il problema non è il numero di link o le date ravvicinate in cui si ricevono, ma il fatto di riceverli senza che ci sia una giustificazione alla creazione di quei segnali. Per esempio se il titolare di una ditta che si occupa della manutenzione delle caldaie a Roma, viene intervistato in approfondimento del TG1 per fornire consigli utili su come risparmiare con il riscaldamento, è molto probabile che ci sia un riscontro di link per il suo sito web. Questi consigli potrebbero finire su varie testate locali o nazionali e fornirebbero la giustificazione ad un incremento massiccio di link verso il sito della persona intervistata.

Però ricevere tanti link in un determinato settore in cui i link non fioccano così facilmente e i competitors non ne ricevono o ne ricevono uno ogni tanto, crea sicuramente una situazione anomala. Perciò bisognerebbe conoscere la storia del sito e quella dei competitors e sopratutto bisognerebbe in qualche modo giustificare l’arrivo dei link, perché sarebbe più naturale ricevere un link in corrispondenza di qualche segnale sul web. In ogni caso, se c’è una giustificazione al loro arrivo, è meno anomalo ricevere tanti link in un giorno piuttosto che ricevere link puntuali ogni 7 giorni, quello che sì che sarebbe strano.

Pattern 8: Scelta di soli siti a tema

Immaginate se ad una richiesta del tipo “Cerco guestpost per sito a tema carte di credito e prepagate” qualcuno rispondesse offrendo la possibilità di linkare da un sito a tema donna. “Tema donna? E che centra?” direbbe chi per quel sito sta cercando siti a tema tech, economia, al massimo generalisti con le corrispettive categorie, ma di certo non un link da un sito a tema donna. Già, che centra.

Eppure un sito a tema donna andrebbe benissimo. Si potrebbe pubblicare un articolo dal titolo “Cosa regalare al proprio fidanzato” e fra i vari paragrafi che elencano le cose da regalare, scriverne uno che consiglia di regalare una gift card e da qui far partire il link verso la pagina di carte prepagate.

Possibile che sia così difficile o impossibile trovare una soluzione di questo tipo, ma sopratutto possibile che sia così strano? Visto che si linka così da 15 anni, questo esempio rappresenta ancora una stranezza, ma da questo momento sapete che ci sono diverse possibilità e che per linkare un sito di carte prepagate non bisogna cercare solo siti a tema tech o economia. Il segreto consiste nel sapere quali problemi risolve un determinato prodotto o servizio e da quello partire per creare gli articoli da inviare agli editori.

Pattern 9: Presenza di un solo link esterno

Fino ad un certo punto della storia, il 100% dei guestpost conteneva un solo link esterno. Oggi la percentuale si è sicuramente abbassata, per colpa di qualcuno che ha ben pensato che, sopratutto in un certo tipo di articoli, un solo link esterno sia chiaramente un’ammissione che quell’articolo era in realtà un guestpost. Sappiamo che quando l’attività di link building è troppo spinta e palesemente volta a manipolare le SERP, sacrificando per questo anche la logica e la lingua italiana, a qualcuno potrebbe dare fastidio, perciò si è provato a porre rimedio inserendo altri link esterni, con risultati addirittura peggiori.

Infatti, mentre fino a quando si inserisce un solo link esterno si sbaglia una sola volta, inserendo altri 2 o 3 link esterni si sbaglia 2 o 3 volte! In che senso? Quando si fanno le cose tanto per fare, come prendere 6 a scuola per essere promossi, i risultati, oltre a non essere eccezionali, sono ovviamente troppo simili. Per inserire altri link esterni si è fatto ampio ricorso a Wikipedia, al punto che, se fino a quel momento un guespot era riconoscibile perché aveva un solo link esterno, dopo è successo che tutti gli articoli con uno o due link verso Wikipedia sono diventati dei riconoscibili guestpost.

Dopo che aver abusato di Wikipedia era diventato un chiaro segnale di attività manipolativa, si è provato a porre rimedio con i link verso fonti autorevoli, non comprendendo che la soluzione al problema non era cambiare sito di destinazione ma di cambiare il modo in cui si svolgeva l’attività di link building. Invece non è cambiata la pratica di trasformare le key già presenti nel testo in anchor text e di linkare pagine che non parlano di quello che è promesso nella frase che contiene l’anchor text.

In realtà non è facile inserire altri link esterni e anche le persone che capiscono e accettano l’importanza di questa pratica hanno difficoltà a inserire altri collegamenti esterni oltre a quelli verso il proprio sito o quello del cliente. Il motivo è semplice e l’ho appena accennato. Il guestpost viene creato appositamente per inserire un solo link, quello verso il proprio sito e, quindi, anche se in pochi se ne accorgono, il guestpost non è sviluppato in modo completo, soffre di alcune mancanze, direi quasi delle omissioni, che non lo rendono adatto all’inserimento di altri link esterni.

Mancano gli argomenti e le nozioni da cui far partire i link, perciò se non si aggiungono parti di testo o paragrafi a questo scopo, è quasi impossibile aggiungere altri link esterni, a meno che (come fanno in tanti) non si trasformino in anchor text alcune key, magari quelle più difficili, un po’ come si fa con gli asterischi accanto alle parole difficili nei libri per bambini. Siccome lo scopo non dovrebbe essere quello di aggiungere frasi o paragrafi per inserire altri link ma per scrivere un articolo completo, vediamo come risolvere il problema, che presento di seguito, in quanto contribuisce alla creazione di un altro pattern.

Pattern 10: Articoli sviluppati in modo incompleto

Questo pattern riguarda lo sviluppo incompleto di un articolo (che come abbiamo visto nel pattern precedente crea il problema della difficoltà di inserimento di altri link esterni), e si tratta in assoluto del pattern più insidioso, perché sono sicuro che finora in pochissimi, prima di leggere il pattern precedente, hanno avuto il benché minimo sospetto di pubblicare articoli incompleti, anzi magari pensavano proprio il contrario.

Perché affermo che molti dei guestpost che vengono scritti sono incompleti? Basta confrontarli con gli articoli presenti online che trattano lo stesso argomento ma che non sono guestpost. Non notate nessuna differenza? Facciamo in esempio.

Se dovete linkare una pagina di corsi per massaggiatore, nell’articolo si parlerà dei luoghi di lavoro (centri di bellezza, centri benessere, SPA), delle professioni (osteopata, kinesiologo, fisioterapista), degli sbocchi lavorativi ma difficilmente ci saranno informazioni fresche ed interessanti, né sul passato né sul presente o sul futuro e sopratutto mancheranno i numeri (statistiche e sondaggi).

Negli articoli normali ci sono informazioni aggiornate, sono riportati i risultati di una ricerca dell’Università dell’Oklahoma o quelli del Rapporto pubblicato dall’Istat, ci sono informazioni su quanto denaro muove quel settore economico, quante persone lavorano in quel settore, ci sono i risultati di sondaggi, statistiche, ricerche.

Quanti di voi in un articolo che linka un negozio che vende giubbotti invernali, scrive una frase su un evento o una sfilata di moda in cui sono stati presentati i giubbotti per la prossima collezione? Quanti riportano aneddoti o curiosità su eventi legati ad un qualsiasi argomento? Quanti inseriscono notizie sulla sostenibilità di quel settore e sull’impronta ecologica di quell’azienda? Quanti scrivono quali sono i trend di vendita dell’abbigliamento, quanto spendono gli italiani, se quest’anno hanno speso di più o di meno degli altri anni?

Queste e tante altre notizie e informazioni, oltre a rendere più facile l’inserimento di altri link esterni (non uno o due sempre e comunque ma quanti ce ne vanno) perché dovrete pur confermare quello che scrivete, permettono al vostro guestpost di diventare un vero articolo, come quelli pubblicati sui siti autorevoli.

Non volete inserirli? Va bene, ma almeno avrete scritto un articolo completo. Guardate cosa pubblicano riviste, magazine, blog di livello, dove c’è tutto, dalla storia, alle news più interessanti, ai numeri e imparate da loro. Scrivete articoli completi, inviate articoli completi e variate. No stessi titoli, stesso sviluppo, anchor text in stessa posizione, stesse frasi, pubblicazioni cadenzate ogni 7 giorni.

Qual è il segreto per scrivere un buon guestpost?

Le SERP restituiscono raramente i guestpost (anche quelli pubblicati su siti con ZA 60-70-80) perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di articoli inutili e superficiali o perlomeno incompleti. Per potere vedere un guestpost ci sono due possibilità: o te lo mandano per pubblicarlo o devi analizzare il profilo di backlinks di un sito.

Quello che mi stupisce è che sono proprio quelli che credono nella link building  ad accettare e pubblicare di tutto. Non mi riferisco solo alla superficialità degli articoli pubblicati (500 parole minimo sindacale ma fossero pure 800 non cambierebbe nulla) né a cose evidenti come la scelta dell’anchor text (che spesso è la key senza preposizioni che si trova nel tool e che ugualmente senza preposizioni viene inserita nella frase) ma alla frase che contiene l’anchor text.

Nella stragrande maggioranza dei casi, leggendo questa frase il lettore non riesce a capire su quale pagina finirebbe se dovesse cliccare. Si tratta di uno dei peggiori accrocchi che l’essere umano possa compiere, che offre un risultato inaccettabile sotto diversi punti di vista ma che non sembra interessare né i committenti né gli editori, in quella attività chiamata link building.

Il segreto per scrivere un buon guestpost è quello di partire dalla pagina da linkare per creare la frase che conterrà l’anchor text. Una volta appreso e compreso di cosa parla questa pagina, bisognerà semplicemente scrivere una frase che ne riassuma il significato, in modo che sia il lettore che il motore di ricerca, sappia già prima di cliccare (e anche senza cliccare) sull’anchor text, cosa troverebbe se dovesse cliccare.

Partendo da questo presupposto e consapevoli che un guestpost, per ergersi al rango di vero articolo, deve sviluppare gli argomenti in modo completo, accostando sia informazioni tecniche che news fresche e di settore, si potranno inserire facilmente tutti i link esterni che si vogliono, perché ci saranno sia le basi da cui farli partire che le frasi scritte per bene da cui far partire i collegamenti esterni. In questo modo il guestpost potrà essere apprezzato da tutti, persone e motori di ricerca, per la gioia di entrambi.

Link building: 2 regole da seguire e 10 pattern da evitare

Pasquale Palmiotto

Avvicinatomi alla SEO per necessità nel 2011, sono rimasto affascinato da questo mondo e dalle persone che lo frequentavano. Ho conosciuto gente in gamba che mi ha aiutato nel mio percorso di crescita e nel mio piccolo provo a fare altrettanto verso chi dovesse chiedermi un consiglio.